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GIORNATA DELL’UNITA’ NAZIONALE E DELLE FORZE ARMATE

4 NOVEMBRE

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Una ricorrenza dalle alterne fortune

Il 17 marzo u.s. è entrata in vigore la legge n. 27 del 1° marzo 2024 che istituisce per il 4 novembre di ogni anno la solennità rispondente alla denominazione di “Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze armate”, in modo da poter celebrare non solo il processo di riaggregazione del territorio nazionale con l’annessione di Trento e Trieste, ma anche il ruolo fondamentale delle Forze Armate, pensate e organizzate come apparato militare per la difesa della Patria e la sicurezza internazionale.
Ogni Paese celebra annualmente la propria festa nazionale per commemorare una ricorrenza significativa per la sua storia socio-politica: la fondazione o ricostituzione di uno Stato, la liberazione dall’invasore o l’indipendenza riconquistata a seguito di scontri armati. In quell’occasione sfilano parate militari, sfrecciano aerei, si tengono discorsi, vengono illuminati palazzi pubblici ed esplosi fuochi d’artificio.

Foto di Serghei Topor da Pixabay

In Italia più date richiamano eventi fondamentali della nostra storia nazionale: il 17 marzo si celebra la proclamazione del Regno d’Italia, il 7 gennaio si onora il Tricolore, il 2 giugno si festeggia l’istituzione della Repubblica e il 4 novembre, giorno in cui venne portato a compimento il processo di unificazione nazionale, si commemora l’Unità nazionale. Non solo: da quest’anno, oltrechè per la vittoria che pose termine alla tragedia della Grande Guerra, il 4 novembre viene onorato anche per il ruolo delle Forze Armate in seno all’ordinamento della Repubblica. Assumere in legge la definizione completa e ufficiale di “Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze armate” costituisce un’occasione significativa, sia per riportare al centro dell’attenzione pubblica il dibattito sullo stato di salute dello strumento militare italiano, sia per ricalibrarlo a favore di un maggiore interesse per le competenze, le sfide e le opportunità offerte dalle Forze armate italiane.

Tra festività e civismo

Quella del 4 novembre è una ricorrenza che, attraversando tutte le fasi della storia italiana dal primo dopoguerra, è sempre stata onorata con imponenti celebrazioni, pur configurandosi come una solennità dalle alterne fortune.
Sorte nel 1861, la prima celebrazione ufficiale risale al 4 novembre 1919. L’anno successivo fu inaugurata sull’Altare della Patria un’iscrizione con il bollettino della vittoria e furono onorate le bandiere dei reparti militari che avevano partecipato al conflitto. Il 4 novembre 1921, a seguito dell’emanazione della L.1075/1921, ebbe luogo la tumulazione del Milite Ignoto nel sacello dell’Altare della Patria. Il 23 ottobre 1922 re Vittorio Emanuele III emanò il Regio decreto n.1354 che inseriva stabilmente il 4 novembre tra le festività nazionali. Durante il ventennio fascista, la commemorazione venne ribattezzata “Anniversario della Vittoria” e tale restò fino alla caduta di Mussolini. Dopo la Seconda guerra mondiale la ricorrenza cadde quasi nell’oblio e lì restò fino al ’68. Messa in discussione ed esiliata nella stagione delle grandi contestazioni giovanili, il 4 novembre ricominciò ad essere onorato a decorrere dal 1977 pur cessando di essere considerato festivo. Infatti, in ossequio alla L.54/1977 concernente “Disposizioni in materia di giorni festivi”, il 2 giugno e il 4 novembre vennero declassati al rango di comuni giorni feriali e le loro celebrazioni vennero ricondotte rispettivamente alla prima domenica di giugno e alla prima domenica di novembre. Ciò a significare che in quel giorno le alte cariche dello Stato continuavano a presenziare alle solenni celebrazioni istituzionali, mentre lavoratori e studenti si recavano al lavoro o a scuola come in qualsiasi altro giorno infrasettimanale. Fu solo nei primi anni 2000, grazie all’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che venne restituita onorabilità a queste due giornate cariche di valore simbolico ed emotivo; ma mentre il 2 giugno tornò ad essere segnato in rosso sul calendario, il 4 novembre, pur avendogli restituito la dignità che meritava con festeggiamenti solenni, rimase una ricorrenza civile.

Foto di djedj da Pixabay

Nell’ottobre 2022, qualche giorno prima dell’insediamento al governo di Giorgia Meloni, il ministro Gasparri presentò una proposta di legge per reintrodurre la festività nazionale del 4 novembre, così com’era in vigore prima del 1977, auspicio espresso in passato anche dal Presidente della Repubblica Mattarella. Senonchè, a causa dei potenziali oneri per lo Stato, il governo ha dovuto rinunciare all’istituzione di un nuovo giorno festivo -tra l’altro molto ravvicinato al già festivo 1° novembre- perchè ciò avrebbe comportato il problema delle coperture economiche derivanti dalle maggiorazioni retributive connesse ai turni di lavoro del personale della pubblica amministrazione.

Solennità civile

Nonostante i rimpasti normativi, a tutt’oggi il 4 novembre continua ad essere annoverato tra le solennità civili e non tra le festività nazionali. Ciò a significare che con l’emanazione della L.27/2024 non si è provveduto ad un vero e proprio ripristino dell’antica celebrazione, perchè non è prevista alcuna astensione dal lavoro né dalle attività didattiche com’era invece avvenuto dal 1919 al 1976. Pertanto l’intera cittadinanza nazionale continuerà a non essere direttamente coinvolta nelle celebrazioni della ricorrenza, destinate alle cariche più rilevanti del sistema costituzionale italiano, ma sarà semplicemente invitata a riflettere sul significato dell’imbandieramento di edifici pubblici.
Accontentandosi di rafforzare le celebrazioni già esistenti, il 4 novembre è tornato comunque -sin dagli inizi del terzo millennio- ad essere una giornata commemorativa dal sapore solenne con celebrazioni al Cimitero degli Eroi di Aquileia, al Sacrario militare di Redipuglia e, in particolare, all’Altare della Patria a Roma, che dal 4 novembre 1921 custodisce la salma del Milite Ignoto, sorvegliata giorno e notte dalle Guardie d’Onore e da due fiaccole perennemente ardenti, simbolo di tutti quei dispersi che con il loro sangue contribuirono a forgiare la nostra Nazione.

Foto di Mirko Toller da Pixabay

Il dovere costituzionale della difesa

Essendo un’articolazione dello Stato, le Forze Armate che ne fanno parte soggiacciono alle regole statuite dalla Costituzione, che ci fornisce indicazioni chiare su ruoli e compiti del sistema militare in seno all’ordinamento italiano.
Istituzionalmente preposte a compiti di difesa, l’attività delle Forze Armate è disciplinata dall’art.11 della Carta costituzionale in cui vengono enunciate le loro funzioni, mentre all’art. 52, c.1 ci si riferisce alla “difesa della Patria” come ad “un sacro dovere”. Conformemente agli articoli menzionati, il governo attualmente in carica si è rivelato deciso nel rivolgere una rinnovata attenzione al mondo della Difesa italiana rivalutando il ruolo delle Forze Armate come apparato per la protezione degli interessi nazionali in caso di minaccia. Anche le istituzioni scolastiche sono state direttamente coinvolte dalla disciplina normativa. Infatti, l’art.2, c.1 della L.27/2024 propone che le scuole, oltre a “promuovere e organizzare cerimonie, eventi, incontri, conferenze storiche, mostre fotografiche e testimonianze sui temi dell’Unita’ nazionale” (art.2,c.2), organizzino iniziative tese a “far conoscere agli studenti le diverse attività svolte dalle Forze armate” al servizio della collettività e alla salvaguardia delle esigenze di solidarietà umana: dalla protezione civile al soccorso in caso di calamità naturali, dagli interventi umanitari alle missioni per la pace e la sicurezza internazionale, dalla lotta alla criminalità e al terrorismo fino al soccorso e all’assistenza per i rifugiati e i profughi. Per adempiere a questi compiti il sistema Difesa rinvia al concetto di sicurezza e affidabilità: godendo di una struttura organizzativa gerarchica e capillarmente presente in tutto il Paese, la politica di Difesa -garantita da una codificazione disciplinare molto rigida- assicura vicinanza ai cittadini e impegno costante per il mantenimento della loro salvaguardia. Infatti la carriera militare, oltre a coraggio e determinazione, dedizione al dovere e alla protezione del proprio Paese, richiede anche una sincera passione per i valori di altruismo e abnegazione, disciplina e integrità, umanità e solidarietà, pazienza, fedeltà, onestà, lealtà, orgoglio di appartenenza, spirito di sacrificio, cura del bene comune: valori garantiti da una tradizione fondata su gerarchia, forte senso di appartenenza all’Arma e fiera consapevolezza dell’importanza del proprio lavoro.

Valori ed opportunità formative

Oltre al riconoscimento e alla celebrazione di questo insieme di valori -la cosiddetta cultura militare- il percorso formativo che la contraddistingue determina lo sviluppo di competenze professionali di alto livello da poter spendere in molteplici ambiti professionali. E’ anche per questo motivo che, anzichè rivolgersi al precario mondo del lavoro o a quello universitario dall’esito incerto, molti giovani che si accingono ad ultimare il percorso di scuola superiore, decidono di continuare a formarsi frequentando le Scuole Sottufficiali o le Accademie Militari: acquisiscono una laurea e, al contempo, uno stipendio. Nello specifico, chi accede alle Scuole Sottufficiali ha a disposizione un percorso di studio della durata di tre anni per conseguire la laurea triennale e il grado di Maresciallo, mentre chi è iscritto alle Accademie Militari porta a compimento la formazione in cinque anni, conseguendo la laurea magistrale e il grado di Tenente. Il rischio che oggi si potrebbe correre è quello di vedere il militare trasformato in un eccellente professionista, dotato di elevate competenze tecnico-operative, ma comunque distante da quel complesso di valori che rappresentano il cuore delle Forze Armate.

Giovani in uniforme ed ambizioni femminili

Negli ultimi anni molti sono i giovani orientati ad intraprendere una carriera militare: complice forte lo spiccato senso di umanità e la competenza dimostrati durante la gestione dell’emergenza pandemica, la loro stima nei confronti delle Forze Armate si è notevolmente accresciuta. Nonostante la guerra alle porte, ad oggi 3 ragazzi su 10 ritengono che le professioni in divisa rappresentino una possibile opzione per costruire il proprio domani.
Anche le donne sono sempre più interessate alla carriera in uniforme. E il numero di ragazze che si dichiarano disposte ad intraprendere questo tipo di carriera ha raggiunto livelli piuttosto consistenti: pur mostrando un conflitto interiore tra la forte ambizione e la paura di non riuscire a conciliarla con i progetti di vita personale, la percentuale di adesioni femminili si attesta sui livelli registrati dai loro coetanei maschi (4 donne su 10), ma con un tasso di ambizione superiore a quello dei ragazzi. La maggior parte di loro vorrebbe addirittura intraprendere una carriera di rango elevato, come quella da ufficiale, e fra le tre (Esercito italiano, aeronautica Militare e Marina Militare) l’Esercito, confermandosi al primo posto con il 16% delle preferenze, rappresenta la Forza armata più nutrita di presenze femminili.

Foto di Dimitris Vetsikas da Pixabay

Conclusione

A questo punto sorge spontanea una riflessione.
Di fronte all’egoistico individualismo che sta pervadendo la nostra società, potrebbe forse l’ordinamento militare -al servizio delle comunità nazionali e internazionali- configurarsi come un essenziale punto di riferimento per il rilancio di quei valori morali che si stanno eclissando lasciando dietro di sé un preoccupante deserto etico?
E ancora. Manifestando un atteggiamento di partecipazione attiva e responsabile per le proprie scelte, un’intima convinzione di appartenenza all’Arma, una propensione a condividere oneri e onori della propria condizione in forza dell’applicazione di certe regole partecipative, potrebbero forse i militari delle Forze Armate elevarsi al rango di modelli per molti giovani malati di tristezza, svuotati di speranze e orfani di un futuro che considerano inafferrabile?

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Author: Angela Gadducci

Angela Gadducci è una professoressa con incarico articoli per la sezione etica e società ma anche storia e cultura. Già Dirigente scolastica e Coordinatrice di Attività di Ricerca didattica presso le Università di Pisa e Firenze, è autrice di articoli e libri di politica scolastica. Significative le sue collaborazioni con le riviste Scuola italiana Moderna, Scuola 7, Continuità e Scuola, Rassegna dell’Istruzione, Opinioni Nuove, Il Mondo SMCE.