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In occasione del primo giorno di novembre, che nella nostra tradizione non ha nulla a che vedere con la festa di Halloween, ne culturalmente e ne a livello di fede, proponiamo un bell’articolo su una grande opera d’arte sacra bresciana. Spero che l’articolo vi faccia nascere il sano desiderio di festeggiare il giorno dei santi (non dei mostri) con una visita che son certo potrà regalarvi serenità e relax. Dopotutto penso che tutti, chi più e chi meno necessitiamo di riposo dalle fatiche e dalle preoccupazioni giornaliere.
Mai come oggi abbiamo bisogno di riflessione e qualche ora di “deserto”, lontano dai rumori, dalle distrazioni e dalle preoccupazioni del lavoro. Penso che l’arte sacra sia ineguagliabile dal punto di vista della bellezza che offre, oltre che per il “clima che si respira” nei luoghi sacri. Non esistono a mio parere luoghi artisticamente migliori delle tante chiese antiche sparse per i territori della nostra nazione. Ci sarebbe da riflettere ancora una volta sul fatto che secoli di cristianità, abbiano portato ad un vero e proprio miracolo nell’arte e non solo, anche nel benessere che fino all’entrata nel terzo millennio ci ha sempre contraddistinto. Dopotutto Gesù, il figlio di Dio, ha scelto l’Italia come sede della propria chiesa, dopo che i politici di allora che governavano la terra santa (che avrebbe dovuto essere il seme di Cristo sulla Terra) hanno rifiutato di riconoscere Cristo come il figlio di Dio, come il Messia, rifiutando di conseguenza la salvezza cristiana. Dall’entrata in campo del cristianesimo, è innegabile che l’Italia abbia avuto un’ espansione sia dal punto di vista artistico che dal punto di vista civile e sociale. Quello che lascierebbe l’amaro in bocca è il fatto che i pilastri, che dall’entrata in campo del cristianesinmo ci hanno portato secoli di benessere e civiltà, sarebbero oggi presi di mira e costantemente erosi, minando di conseguenza la nostra civiltà e le nostra innegabili radici cristiane, che sono state la nostra fortuna per secoli.
Brescia dal punto di vista storico e culturale non è una città d’arte ma viene considerata una città industariale e manifatturiera. Nonostante Brescia non sia conosciuta come altre blasonate zone italiane, che a livello artistico e storico, sono da sempre sulle pagine dei giornali, conoscendo bene la zona, si nota che la città padana non sia solamente la città del lavoro e dell’economia ma un territorio molto variegato, in grado di ospitare una grande storia ed una stupenda cultura cattolica. Non per nulla Brescia è sempre stata la provincia più cattolica d’Italia. Il territorio bresciano non è da sottovaultare a livello di costruzioni storiche e di arte, dopotutto l’Italia è un museo a cielo aperto e Brescia anche.
Il Italia ovunque ci si giri, qualcosa di storico appare. L’arte in Italia è scrigno di una grandissima eredità, la maggiore in assoluto custodita da un popolo. Una testimonianza donata al mondo dai vari imperi che si sono susseguiti a partire dall’ impero romano. Dalla nascita del medioevo la chiesa è quell’istituzione che ereditando dall’impero romano bene o male la maggior parte dei territori italiani, li ha custoditi sino ai noistri giorni. Se oggi possediamo circa l’ottanta per cento dell’arte presente al mondo, lo dobbiamo in larghissima parte all’opera della chiesa. Si pensi solamente al fatto che Brescia, una piccola cittadina di circa 200 mila abitanti ospiti 40 chiese funzionanti e 20 per il momento non operanti. Il fatto di ospitare così tante chiese per la maggior parte cattoliche, la dice lunga sulla fede che ha sempre contraddistinto i bresciani. La chiesa resta la sola istituzione al mondo ad aver saputo conservare e preservare negli anni, l’arte presente sul territorio ma che soprattutto ha saputo fare da mecenate ai grandissimi artisti di un tempo.
La chiesa espandendosi con i propri ordini religiosi in tutta Italia ha ancora una volta contribuito alla realizzazione di opere di una magnificenza mai vista, che oggi possiamo osservare, anzi, possiamo vivere. In questo caso mi riferisco alle construzioni dei religiosi, i monaci, che con i loro stupefacenti chiostri, affreschi e chiese hanno saputo conservare sino ad oggi, dei veri e propri capolavori artistici nei quali si “respira” serenità, nei quali se ci si dovesse immedesimare, tornando con la mente indietro nel tempo, si tornerebbe al medioevo, quando i monaci abitavano in quelle meravigliose strutture, circondate, a quei tempi, da campi, alberi, forse qualche sperduta cascina ma nulla di più. I monasteri rimangono piccole oasi del passato in un mondo assolutamente moderno e frenetico oltre che tendenzialmente apostata. Poco distante dalla città possiamo rilassarci visitando una di queste strutture a mio parere meravigliose, l’abbazia olivetana di Rodengo Saiano. Noi bresciani spesso neppure ci rendiamo conto di quante opere d’arte esistano ed impreziosiscano il nostro territorio. L’abbazia olivetana è una delle meraviglie che la nostra provincia racchiude. In questo caso si tratta di uno dei complessi religiosi più famosi della Franciacorta, un’abbazia incastonata in una zona molto particolare, simile alle zone umbre, fatta di vigneti, case vinicole antiche e colline. La struttura venne fondata dai monaci cluniacensi dell’ordine di san Benedetto e dedicata a san Nicola ma dal 2019 anche al Papa bresciano Paolo VI. L’abbazia risale al remoto 1090. Importante l’ubicazione della struttura che si scelse di posizionare su un quadrivio romano, che portava alla città ma che aveva anche lo scopo di offrire ai pellegrini un importante servizio, l’ospitalità sottoforma di ostello.
Come documentano alcuni scavi archeologici che hanno portato alla luce un muro romano ed una capanna longobarda, il luogo era stato occupato nel periodo romano e verso la fase finale del medioevo. Lo sviluppo della struttura monastica sarebbe avvenuta in più fasi, spinta inizialmente dall’importante Badia di Ontida e di san Paolo d’Aragon. Il monastero ben presto divenne autonomo date le donazioni che spesso riuscivano a riempire le casse dei monaci. Ben presto i frati acquisteranno terreni riuscendo ad espandersi. Intorno al 1200 tuttavia i religiosi diverranno sempre meno. Da testimonianze risalenti a tale epoca sembra che la struttura ospitasse solamente una decina di monaci nel periodo di maggior contrazione. Nel 1446 Papa Eugenio IV rendendosi conto del problema affiderà la prima abbazia agli olivetani, che nel 1450 diverrà definitiva nonostante gli attriti interni per la rinuncia dei privilegi da parte dell’ultimo abate commendatario. Proprio in quel periodo dal punto di vista artistico l’abbazia inizierà ad essere protagonista di una seconda “età dell’oro” con una certa espansione della struttura e con il coinvolgimento di grandi pittori del periodo. Nel 1797 il Governo provvisorio di Brescia si adeguarà alle regole dell’invasore francese Napoleone, che da convinto sostenitore dei moti rivoluzionari francesi, non vedrà mai nella chiesa una risorsa per quanto riguarda la fede, quindi decreterà la soppressione del monaestero assegnandolo all’ospedale femminile di Brescia. Da quel momento la struttura inizierà a soffrire un lungo periodo di decadenza fino a quando nel recente 1969 un Pontefice bresciano, Papa Paolo VI, permetterà il ritorno dei monaci olivetani come abitanti della struttura monastica. Da quel momento il monastero subirà un grande lavoro di ristrutturazione che lo riporterà in vita come nei momenti migliori. L’abbazia oggi resta un vero e proprio gioiello architettonico che racchiude veri e propri capolavori dell’arte antica. A mia opinione l’abbazia olivetana è il luogo ideale per passare una mezza giornata in una zona amena e verde, arricchita dalla quiete, dall’arte sacra e dalla contemplazione. Una vera e propria occasione per una gita fuori porta con la famiglia. Oggi l’abbazia è ancora abitata dai monaci olivetani. La struttura è stata costruita ed ampliata in differenti epoche. La nascita della parte più antica è risalente 1090, la chiesa interna rinascimentale con una facciata direi semplice ed un protiro elegante del 1400. Internamente una pala d’altare di assoluto prestigio dipinta dal Moretto, raffigurante san Pietro e san Paolo. Un secondo dipinto il quadro ritraente le nozze di Cana di Grazio Cossali risalente al 1608.
I tre chiostri dell’abbazia non possono non sucitare meraviglia. Uno risalente al 400 uno del 500 ed il terzo del 600 denominato “Cisterna”. Gli affreschi che decorano il refettorio della foresteria sono del Romanino. Oltre al magnifico refettorio la galleria monumentale della lunghezza di 106 metri offre l’accesso a circa trenta celle destinate ai monaci. Interessante il museo degli oggetti sacri. L’entrata al monastero già proietta il visitatore in un’altra dimensione.
Cosa vedere all’Abbazia di Rodengo Saiano
Insieme al Monastero di San Pietro in Lamosa di Provaglio d’Iseo, l’Abbazia Olivetana dei Santi Nicola e Paolo VI è parte dell’itinerario cluniacense europeo.
L’abbazia olivetana benedettina di Rodengo Saiano resta uno dei complessi religiosi più famosi della Franciacorta. Il complesso monastico fondato ben 933 anni fa, è oggi intitolato non solamente a san Nicola ma dal 2019 anche a Paolo VI, il Papa oggi santificato che comprendendo la magnificenza del monastero, in nome della fede cattolica lo rivalutò conducendolo verso una nuova vita, essendo a questo luogo tanto affezionato.
Cosa vedere all’Abbazia di Rodengo Saiano
L’abbazia olivetana è un vero e proprio Gioiello architettonico pieno di capolavori artistici di grande rilievo.
Chi conoscesse la storia si renderebbe perfettamente conto di quanto i monaci dei vari ordini in periodi non certo tranquilli abbiano contribuito, con il proprio lavoro manuale e con la propria fede, ad una grandissima opera di salvataggio dell’arte, dei manoscritti che oggi rimangono in eredità alle giovani generazioni. Potrei anche azzardare nel dire che i monaci non siano stati solamente i “salvatori” delle testimonianze scritte riguardo alla fede ed alla scienza allora conosciuta. Con i propri monasteri i monaci sono stati protagonisti nella salvezza dell’arte sacra, una parte di eredità che oggi ci viene tramandata.
Per concludere devo ammettere che la fede cristiana, sia stata indubbia protagonista di opere artistiche di immenso valore. Che possa piacere o non possa piacere, la verità resta sovrana. Per questo è necessario ammettere, al di là del pensiero unico che intenderebbe imporsi nei nostri giorni, che la fede cattolico romana abbia portato a secoli di splendore, una vera e propria esplosione artistica non solamente il Italia ma di riflesso nel mondo intero. La grande eredità che i posteri ci hanno lasciato e della quale noi italiani, siamo stati custodi sino ai nostri tempi, che fine farà nel futuro? Nel futuro, sarà ancora una grande testimonianza del passato, oppure cadrà annientata sotto l’influsso talvolta retrogrado delle nuove invasioni barbariche avallate da padroni di casa talvolta indegni, che custodiscono questa inestimabile proprietà? Lascio ai posteri l’ardua sentenza.
Unita al Monastero di San Pietro in Lamosa di Provaglio d’Iseo altro capolavoro unico dell’arte sacra l’abbazia olivetana di San Nicola e Paolo VI è parte dell’itinerario cluniacense europeo.
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