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Agli amanti della storia e delle tradizioni non può passare inosservato un piatto tipicamente lombardo: lo spiedo. Lo spiedo è un piatto squisito tipico di una ristretta zona dell’ Italia del nord, La Lombardia, anzi, a dire il vero potrei restringere il campo alle zone lombarde di Brescia, Bergamo, Mantova, Verona e Cremona. Una pietanza quindi poco più che regionale e tipica di pochissime zone situate nei pressi di montagne e di pianure dagli albori ricche di selvaggina. Produrre uno spiedo come si deve è un’arte. Un sapiente e lungo procedimento attende il cuoco che verrà in seguito ripagato dei propri sforzi tramite un piatto tipico davvero eccezionale, una pietanza che è possibile consumare sia in estate che in inverno anche se, tipicamente, lo spiedo un tempo fu un piatto della stagione fredda.

Foto di Tuna Ölger da Pixabay

Le origini

La ricetta dello spiedo è antichissima, risalente alla preistoria. Dopotutto a quei tempi ci si nutriva soprattutto di cacciagione. Nel corso dei millenni tuttavia il metodo di cucinare la carne è mutato e si è gradualmente evoluto. I primi rudimenti della tecnica spiedatoria vennero inventati, si pensa, in qualche landa desolata e pianeggiante orientale oppure sulle colline sub caucasiche, per intenderci nella ricca zona della “mezzaluna fertile”. Da quella ricca area culla di una grande civiltà Mesopotamica l’arte dello spiedo si diffuse dall’ottavo millennio, affascinando anche le altre grandi civiltà della storia antica entrando a far parte della cultura di zone come l’ Egitto, la Grecia, l’ Anatolia, la Siria, l’ Armenia, la Georgia. In queste zone le popolazioni inizieranno a fermarsi e da una situazione ancora di nomadismo si fermeranno presso queste terre iniziando a coltivarle.

Foto di Paul Barlow da Pixabay

I Romani

Dalla Grecia a Roma il passo è breve, considerando che la civiltà greca costituirà nel meridione italiano la “Magna Grecia” una zona formata da colonie greche che importeranno e divulgheranno la cultura della madre patria. Già nell’ Eneide si parla di spiedi sia come lancia che come spiedo. In effetti si pensa che alle origini la lancia avesse un doppio utilizzo. Dalla Magna Grecia a Roma il passo sarà davvero brevissimo. Anche Cicerone e Plinio il Giovane parleranno del Venabulum utilizzato sia come lancia e come spiedo per cuocere le carni della selvaggine cacciata. A quei tempi la preda veniva infilzata dalla lancia e poi a cuocere sul fuoco, sopra le braci ma una vera e propria tradizione culinaria non era ancora stata pensata. Diciamo che si sarebbe trattato di un sistema pratico nella cottura delle carne fresca.

I Longobardi

Questo popolo inizierà a dare molta popolarità allo spiedo. dal II al VI secolo lo spiedo era comune al di fuori dai confini romani presso le zone barbariche del nord. Caduto l’impero romano, si ricorda di tribù barbariche, straniere, venute dal nord che avevano l’abitudine di cuocere la carne allo spiedo, seguendo i metodi usati dagli antichi greci accampati alle porte della città di Troia. Tuttavia a diffondere l’arte spiedatoria saranno i Longobardi, anche per questo le zone di Brescia, Mantova, Cremona, Verona e Bergamo sono ad oggi interessate a questa tradizione antichissima.

Lo spiedo moderno

Per cucinare uno spiedo perfetto è necessario l’utilizzo di un “girarrosto” automatico scoperto due secoli fa da Leonardo Da Vinci. Da quel momento, una pietanza longobarda iniziò a conquistare i palati più raffinati. Per questo lo spiedo iniziò a divenire una vera prelibatezza con tanto di metodo di cottura, e procedimento per arricchire le carni di sapore prima di iniziare a cuocerle.

L’ evoluzione

I primi spiedi medievali furono realizzati per essere girati a mano o con l’aiuto di animali. In alternativa i girarrosti più moderni erano quelli di Leonardo azionati da fumo e calore oppure da meccanismi ad acqua corrente, un po’ il procedimento dei mulini ad acqua per intenderci.  Lo spiedo moderno è realizzato con una serie di spiedi (lance) che ricevono la carne. Le lance saranno inserite in una struttura chiusa munita di motorino elettrico per permettere di girare continuamente la carne che cuocerà per ore ed ore sulle braci ma, prestando ben attenzione a raccogliere il grasso rilasciato dalla carne ed il burro, utilizzato durante la cottura riversandolo sullo stesso spiedo e riciclandolo in continuazione. Così facendo si sarà certi che la carne resterà morbidissima.

Spiedatura dello spiedo bresciano

Lo spiedo bresciano tipico è formato da più tipologie di carni come coniglio, pollo, costine di maiale, “momboli” uccellini o cacciagione rigorosamente pulita e fresca, non congelata per garantirne la morbidezza. Altri ingredienti concessi sono il burro di origine animale meglio nostrano, sale fino ma di origine non marina. La carni ridotte a pezzetti sono infilzate negli piedi alternandone la tipologia e dividendole con foglie di salvia o fette di patata di circa 1 cm fra un pezzo e l’altro di carne. Ogni pezzo di carne deve essere di circa 60/70 grammi. Ultimata la “spiedatura” la carne dovrà riposare almeno una notte per poi passare alla cottura. Riposando, le carni scoleranno da eventuale sangue o liquidi e quindi diverranno più asciutte.

Momboli

i “momboli” devono essere formati da porzioni tutte uguali come dimensione e sono realizzati arrotolando una fetta di coppa con ad una foglia di salvia ricoperta con una fetta di pancetta o in alternativa di lardo. I momboli vanno intercalati agli altri pezzetti di carne durante la spiedatura.

Cottura

La cottura avverrà sulle braci girando continuamente la carne lentamente dalle 4 alle 6 ore. Anche la legna è importante per uno spiedo bresciano ottimale. La legna prediletta è quella di piante aromatiche ma che possano offrire braci che ardano per lungo tempo come la legna di faggio, nocciolo, frassino, ginepro, roverella. Si sconsiglia il legno di castagno ma è ammesso il carbone vegetale purchè non rilasci gas che potrebbero alterare il sapore delle carni in cottura.

Le braci

Le braci vanno preparate prima della cottura, raccolte e posizionate in seguito, nel cassone del girarrosto, in posizione sottostante lo spiedo nel contenitore apposito, a circa 15/20 cm dalla carne per tutta la lunghezza dello spiedo ma prestando grande attenzione che si tratti di brace vive. Nel frattempo la carne verrà unta dal burro fuso versato alla sommità dello spiedo ad intervalli di circa 45 minuti. Questo procedimento renderà la carne morbida evitando bruciature. A circa un’ora dalla cottura si procede alla prima ed unica salatura della carne tramite sale fino. Il burro versato in precedenza verrà lentamente rilasciato e raccolto in una terrina apposita per poi essere riversato più volte, fino alla fine della cottura dello spiedo. Uno spiedo ben cotto lo si riconosce dal burro residuo sulla carne farà la tipica schiumetta ma che dirà fine alla cottura sarà l’assaggio. A questo punto lo spiedo sarà pronto, cotto a puntino e rilascerà il tipico ed invitante profumo. Prima di servire lo spiedo al tavolo sarà opportuno ungerlo con il burro fuso avanzato. La carne di uno spiedo ben fatto devono avere il classico colore marrone rosso carico con superficie brillante. La carne dovrà offrire una leggera crosta esterna ma una buona morbidezza interna e non essere unta. Lo spiedo va servito caldo, appena cotto. Le carni sfilate dallo spiedo o “bracol” saranno servite in vassoi di acciaio o ceramica per mantenere caldi i pezzi di carne che resterà tiepida per tutta la cena.

Foto di Matthias Böckel da Pixabay

 

Contorno

Il contorno ideale per lo spiedo è la polenta ma anche le patatine fritte sono eccezionali. La polenta potrà essere unta con il burro rimasto dallo spiedo per un sapore davvero coinvolgente. Fra i formaggi più adatti il Gorgonzola” da far fondere nella polenta fumante.

Vini

Un doveroso accenno va dedicato ai vini adatti alla pietanza. I vini migliori sono molteplici. Per questa pietanza dominano i rossi dal gusto intenso, magari barricati ma comunque strutturati. Ottimi i bresciani Botticino o il Groppello ma molto apprezzati i vini veneti di gran corpo come l’ Amarone oppure il Ripasso. Un Brunello di Montalcino sarà il benvenuto come pure un buon Barolo.

Foto di Ramon Perucho da Pixabay

Località tipiche dello spiedo bresciano

Le tipiche località per poter degustare un ottimo spiedo sono le zone montane della zona di Brescia come Serle e la Valtrompia ricche di selvaggina e di tradizione. Anche le località di pianura tuttavia non scherzano. Uno spiedo che raccomandiamo è quello prodotto da “Lo Spiedo da asporto” di Montichiari. Montichiari è una città della zona del basso Garda che ha ospitato anni fa “Lo spiedo più lungo del mondo”. In questa cittadina la tradizione dello spiedo è più viva che mai. Anche nella zona di Montichiari quindi è possibile gustare degli spiedi davvero eccezionali prodotti secondo la tradizione e formati da carni che si “sciolgono al palato”.


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Nicola Migliorini
Author: Nicola Migliorini

Nicola Migliorini è Direttore Responsabile del media www.mondooggi.com, blogger, giornalista generalista con incarico a 360 gradi.

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