Nuovo assalto alla cultura: ecovandali al louvre
A causa di un ennesimo incontrollato attentato alla cultura e alla memoria collettiva, la Gioconda torna a far parlare di sé. L’ultimo atto vandalico ai danni del capolavoro leonardiano è stato compiuto il 28 gennaio scorso, per mano di due giovani attiviste che, dopo aver gettato della zuppa sulla schermatura che lo protegge (l’opera è sotto una teca di vetro blindato dal 2005), hanno superato i cordoni di protezione inneggiando alla sostenibilità ambientale con lo slogan “Cos’è più importante, l’arte o il diritto a un’alimentazione sana e sostenibile?”, dopodichè sono state isolate dagli adetti alla sicurezza dell’istituzione museale che hanno provveduto ad evacuare la sala recando velocemente dei pannelli neri per coprire lo scempio alla vista dei presenti e dare avvio alle operazioni di pulizia. L’azione è stata rivendicata dai militanti ambientalisti del collettivo “Riposte Alimentaire” (“Reazione alimentare”): nell’intento di promuovere il diritto ad una sicurezza sociale fondata su un’alimentazione sana e sostenibile, le due donne hanno sfruttato la popolarità della Gioconda per attirare l’attenzione del mondo sulla causa da loro sostenuta, sensibilizzare le masse e convincerle ad agire in nome dell’emergenza climatica.
Clamore e pubblicità
Ormai sembra quasi essere diventata una moda quella di lanciare un grido d’allarme a difesa dell’ambiente compiendo azioni clamorose a danno di famose opere d’arte esposte nelle maggiori strutture museali. Certo è che il risentimento da parte di chi non si rassegna ad andare incontro all’annunciata distruzione del Pianeta, può essere espresso sia con un gesto creativo che con uno distruttivo. E il collettivo “Riposte Alimentaire” ha scelto l’atto distruttivo intenzionale per condurre un’azione di coinvolgimento e responsabilizzazione: una delirante modalità dimostrativa, frutto di una sorta di smania di ‘onnipotenza’ che, seppur controversa, sortisce una potente valenza pubblicitaria. La pubblicità, anche se negativa, è uno dei più convincenti strumenti di suggestione e di addomesticamento delle coscienze[1]: basta indirizzarne i riflettori sulle masse e affidarsi alla loro occulta persuasione [2].Qui il riferimento va al dibattito sull’industria culturale sostenuta da Adorno, uno dei massimi esponenti della Scuola di Francoforte, secondo cui sembra quasi che la cultura si stia mercificando facendosi oggetto di scambio[3].
Assalti al sorriso più enigmatico di ogni tempo
Sfortunatamente la Monna Lisa più famosa al mondo è stata più volte oggetto di atti vandalici nel corso della sua storia. Nell’agosto 1911 venne trafugata dalla sistemazione che allora occupava, nel salon Carrée del museo del Louvre, senza che nessuno si accorgesse della sua scomparsa per diversi giorni. Fu allora che l’opera, molto apprezzata dagli intenditori ma pressoché sconosciuta al grande pubblico, divenne l’icona artistica che è tutt’oggi, al punto che curiosi di ogni dove accorsero in gran numero al Louvre per ammirare lo spazio vuoto che aveva lasciato. Del capolavoro non si seppe più nulla per circa due anni, finché l’autore del furto, un ex-impiegato del museo francese di nazionalità italiana, ritenendo che la Gioconda dovesse appartenere all’Italia, venne arrestato mentre tentava di venderla ad un mercante d’arte fiorentino. Una volta recuperato, il dipinto tornò ad occupare la collocazione che gli spettava, senza aver subito gravi danni.
Nessun danno importante neppure nel 1956, quando la celeberrima opera fu vittima di due attentati: nel primo caso fu spruzzata di acido che provocò lesioni di scarsa entità alla parte inferiore del dipinto; pochi mesi più tardi un sasso scagliato da uno squilibrato infranse la teca di vetro che la proteggeva compromettendo la pigmentazione all’altezza del gomito sinistro della figura. Dopo questi due attacchi, i curatori del Louvre decisero di incrementare le misure di sicurezza dell’opera e sostituirono il vetro protettivo, che si era dimostrato inefficace, con un altro vetro blindato antiproiettile. La nuova barriera risultò provvidenziale: permise al dipinto di non riportare danni in occasione di un altro oltraggio, avvenuto nel 1974, durante l’esposizione dell’opera al Museo Nazionale di Tokyo. In quella circostanza una donna lanciò della vernice rossa sul dipinto per protestare contro la politica del museo che rendeva difficile l’accesso ai disabili. Dopo quest’episodio i responsabili del Louvre decisero che la Gioconda non avrebbe più dovuto abbandonare la sede di Parigi.
Purtroppo, nonostante questa precauzione, altri attentatori riuscirono successivamente ad infiltrarsi nella struttura museale parigina mettendo a segno le loro rivendicazioni. Il primo attentato è da ricondurre ad una donna russa che nel 2009 scagliò sul dipinto, infrangendone il vetro blindato, una tazza da tè che aveva appena acquistato nel negozio di souvenir del museo: con il suo gesto voleva protestare contro le autorità francesi che le avevano negato la cittadinanza. Successivamente, nel 2022, il dipinto è stato preso di mira e bersagliato con una torta alla panna: l’autore dell’atto vandalico -il viso celato da una maschera e sovrastato da una parrucca- riuscì ad avanzare fino al dipinto grazie all’ausilio di una sedia a rotelle e, una volta conquistata la prima fila, scagliò la torta contro il sorriso più languido ed enigmatico della storia dell’arte; quando il personale di sicurezza del museo lo fermò conducendolo via, inneggiò alla sostenibilità ambientale con lo slogan “C’è gente che vuole distruggere la Terra! Pensate alla Terra. È per la Terra che l’ho fatto”.
Ecoattivisti e brividi vandalici
Sono molte le opere d’arte prese di mira negli ultimi tempi dagli ecoattivisti, come forma di protesta per la difesa dell’ambiente. Tra i vandalismi più eclatanti meritano di essere ricordati la zuppa di pomodoro che due attiviste di “Just Stop Oil” nell’ottobre 2022 lanciarono sui Girasoli di Van Gogh alla National Gallery di Londra e il purè sui Covoni di Monet nel 2018 al Museo Barberini di Potsdam per mano di attivisti di “Last Generation”. Poco prima, nel luglio 2022, si erano verificati altri due significativi atti vandalici: alcuni militanti ambientalisti incollarono le mani al vetro che protegge la tela della Primavera di Botticelli esposta agli Uffizi di Firenze, mentre altri ecoattivisti del collettivo “Ultima Generazione” si incollarono letteralmente alla scultura di Boccioni Forme Uniche della Continuità nello Spazio esposta al Museo del Novecento di Milano.
Emergenza climatica: vandalismo simbolico
E’ vero che la crisi ambientalista rappresenta una problematica non più rinviabile, ed è plausibile anche l’incapacità -da parte dei sostenitori ecologisti- di rassegnarsi a quella ‘fine del tempo’ che la distruzione del Pianeta sembrerebbe recare con sé trascinando la stesse creazioni artistiche -opere immortali, e quindi senza tempo- nell’impossibilità di continuare ad esistere in un universo che si avvia verso l’autoannientamento. E’ convincente anche l’idea di una condizione di inerzia nelle scelte politiche e di un certo lassismo nel coinvolgimento delle masse per invertire la tendenza al disfacimento dell’intero Pianeta. Ma perchè imbrattare, deturpare, vandalizzare le opere d’arte? Assalire un Van Gogh, un Monet o, nella fattispecie, la Gioconda, in che modo può aiutare la collettività -fortemente risentita per queste azioni vandaliche- ad assumere posizione nei confronti della tutela della Terra e dei suoi ecosistemi? Se la catastrofe climatica verso la quale volgiamo contiene il messaggio dell’inammissibilità della vita anche per le opere d’arte, patrimonio di tutti e strumento di partecipazione democratica, perchè contribuire ad incrinare l’armonia universale -oramai irrimediabilmente compromessa- con la disarmonia di uno sfregio?
Anche se l’oltraggio è da ricondursi ad un imbrattamento facilmente sanabile, si tratta pur sempre di un gesto vandalico ai danni della sacralità di opere d’arte custodite dalla memoria dell’umanità per il loro esemplare valore artistico.
Ieri ed oggi: vandalismo a confronto
A differenza del vandalismo di ieri che si configurava come un intenzionale e distruttivo atto di violenza cieca e gratuita, cinica e distratta, frutto esclusivo di barbarie e ignoranza spesso ascrivibile a singole personalità, i vandali di oggi non compiono azioni distruttive occasionali e fini a sé stesse animati dal disprezzo o dalla percezione alterata propria di uno squilibrato. I nuovi vandali non nutrono una reale volontà di danneggiare l’opera d’arte in quanto tale, non hanno smanie imperialiste né intendono impossessarsi di tesori artistici, ma -nati in un mondo globalizzato dove l’immagine conta più della parola- utilizzano lo scempio per acquisire visibilità e affermare la propria determinazione, proprio come facevano i Vandali, quell’antica tribù di stirpe germanica, violenta e selvaggia, che si era meritata quell’infausto nome perchè distruggeva indiscriminatamente tutto ciò che gli capitava, senza tener conto del valore artistico delle razzìe che compiva.
Le sfide del cambiamento nelle politiche giovanili
Esortati da una motivazione collettiva, sorretta da solide argomentazioni seppur discutibili nella forma della loro esplicitazione, i novelli vandali invocano solo visibilità: il loro intento è semplicemente quello di scuotere le coscienze e attirare su di sé l’attenzione per essere ascoltati. Muovendo dal principio che nessuno può restare insensibile o indifferente di fronte a certe dissacrazioni, essi tentano di offuscare lo splendore di opere simbolo dell’umanità -grazie ad una loro intrinseca staticità, i prodotti artistici si consegnano arrendevoli alla violenza- perchè sono convinti che così facendo potrebbero ammantarsi di un’aura di considerazione. Pur esibendosi come dei moralisti, gli autori di questi scempi ritengono che, per impossessarsi di un alone di venerabilità e farne uno strumento di lotta, sia sufficiente oscurare la celebrità che avvolge un’opera sublime e indirizzare quel cono di luce su chi si trova sotto i riflettori. La verità è che essi altro non esprimono se non il loro malessere interiore, quello di una generazione disincantata che, sentendosi disperatamente orfana del futuro e priva di altri strumenti di affermazione, si affida al gesto vandalico per farsi notare e uscire dall’incertezza che permea la loro esistenza: aggrappandosi con forza alla concretezza della giustizia climatica, essi caldeggiano la loro unica e inconfutabile certezza, quella della crisi ambientale che minaccia la vita del Pianeta che essi abitano.
NOTE
1)“Tutti gli scandali aiutano la pubblicità, perché non c’è migliore pubblicità della cattiva pubblicità”, Aforisma di Andy Warhol.
2) V.Packard, I persuasori occulti, 1979;